Associazione Tourbillon APS

Noir anni ’50

VIALE DEL TRAMONTO

(Sunset Boulevard, 1950)

REGIA: Billy Wilder

SOGGETTO E SCENEGGIATURA: Billy Wilder, Charles Brackett

FOTOGRAFIA: John F. Seitz

MUSICHE: Franz Waxman

PRODUZIONE: Charles Brackett per Paramount Pictures

INTERPRETI: William Holden, Gloria Swanson, Erich von Stroheim

ORIGINE: USA; DURATA: 110’

Un cadavere galleggia in una piscina di una villa al n.10000 di Sunset Boulevard, Hollywood. Si tratta dello sceneggiatore Joe Gillis (Holden) e la villa è di proprietà di una vecchia diva del muto (Swanson). Può svilupparsi così la storia – un lunghissimo flash-back – al cui inizio lo squattrinato sceneggiatore cerca di sfuggire ai creditori che vogliono sequestrargli l’auto.

Viale del tramonto presenta uno dei più clamorosi inizi della storia del cinema con la voce off di…un morto che racconta la vicenda. “Viale del tramonto è la storia di un’ex diva del muto, ormai dimenticata da tutti che, come un moderno vampiro, vive in una villa fatiscente con il suo autista-tuttofare Max (Erich von Stroheim), suo ex marito e suo ex regista, anzi, il regista che l’aveva scoperta e lanciata nel cinema. L’incrocio fra realtà e finzione è una spirale vertiginosa: von Stroheim aveva diretto la Swanson nel suo ultimo film, incompiuto e maledetto, Queen Kelly (1928) e il film che Norma Desmond (Swanson) si fa proiettare da Max (von Stroheim), in un delirio di narcisismo masochistico, sono brevi scene di Queen Kelly.

Con Viale del tramonto Billy Wilder è come se chiudesse l’epoca d’oro del cinema hollywoodiano, l’epoca del divismo, dello splendore fastoso e ingenuo, di un’epoca durata circa trent’anni: «Volevo mettermi alla prova, tentando quello che non aveva mai funzionato: un film su Hollywood.»(B.W.). Wilder per la prima volta svela che dietro il glamour del grande schermo c’è, o ci può essere, opportunismo e cinismo, degradazione, follia e morte. Dopo Viale del tramonto il cinema non potrà più essere lo stesso, il velo era stato strappato una volta per tutte.” (da Un’ombra è soltanto un’ombra di Leandro Giribaldi).

L. Giribaldi

GIUNGLA D’ASFALTO

(The Asphalt Jungle, 1950)

REGIA: John Huston

SOGGETTO: dal romanzo omonimo di W. R. Burnett

SCENEGGIATURA: Ben Maddow, John Huston

FOTOGRAFIA: Harold Rosson

MUSICHE: Miklós Rózsa

PRODUZIONE: Metro Goldwyn Mayer

INTERPRETI: Sterling Hayden, Louis Calhern, Jean Hagen, Sam Jaffe, Marilyn Monroe

ORIGINE: USA; DURATA: 112’

Dick Handley (Hayden), un uomo con vari precedenti penali, viene portato alla centrale di polizia per un confronto in seguito ad una rapina. Rilasciato, viene poco dopo arruolato nella banda che sta preparando un grosso colpo, pianificato dal Dottore (Jaffe), altro pregiudicato appena uscito di prigione. Il colpo sarà finanziato dall’avvocato Emmerich (Calhern).

Verso la fine degli anni ’40 e ancor più negli anni ’50 il genere noir tende ad accentuare la sua vena realistica.

È il caso di Giungla d’asfalto, tratto da un bel romanzo di W.R.Burnett, con il quale Huston aveva già collaborato in Una pallottola per Roy. Per questo filone particolare di noir si coniò il termine gris (grigio), sottolineato da una fotografia livida e realistica: vedi in particolare l’inizio ambientato fra le strade deserte della grande metropoli americana, minacciosamente percorse dalle macchine della polizia.

Ma Giungla d’asfalto è significativo soprattutto per la simpatia che Huston accorda ai componenti della banda, gangster dal volto umano, in contrapposizione ai freddi o peggio, corrotti poliziotti (Huston toglie inoltre importanza al capo della polizia, figura centrale nel romanzo).

Su tutto grava la cappa minacciosa della caccia alle streghe maccartista: Huston era accusato di comunismo e lo stesso Sterling Hayden, qui al suo primo ruolo importante, imposto da Huston alla MGM, era considerato un “sovversivo”. Nell’azzeccato cast del film spicca la presenza della stellina Marilyn Monroe, in un 1950 fondamentale per la sua irresistibile carriera.

L. Giribaldi

IL DIRITTO DI UCCIDERE

(In a Lonely Place, 1950)

REGIA: Nicholas Ray

SOGGETTO: dal romanzo omonimo di Dorothy B. Hughes

SCENEGGIATURA: Edmund North, Andrew Solt

FOTOGRAFIA: Burnett Guffey

MUSICHE: George Antheil

PRODUZIONE: Columbia Pictures

INTERPRETI: Humphrey Bogart, Gloria Grahame, Frank Lovejoy

ORIGINE: USA; DURATA: 94’

L’agente propone a Dixon Steele (Bogart) di leggere un libro da cui potrebbe trarre una sceneggiatura. Steele è uomo e scrittore brillante, ma irascibile e violento si è pregiudicato vari rapporti. Sospettoso che il romanzo si riveli una schifezza, Dix invita a casa la guardarobiera del locale dove ha incontrato l’agente, la quale ha letto il libro, perché gli racconti la trama. Il suo rientro notturno viene notato dalla bella vicina (Grahame). Nel prosieguo della notte la giovane guardarobiera viene trovata uccisa in una strada solitaria.

Nicholas Ray (1911-1979) è uno dei registi che emergono ad Hollywood nell’immediato dopoguerra.

Autore in seguito di film fondamentali come Gioventù bruciata (1953) e Johnny Guitar (1954),inizialmente Ray, come molti altri, si fa le ossa nel poliziesco. È il caso de Il diritto di uccidere, noir atipico e moderno, nel quale lo studio dei caratteri dei personaggi è più importante della vicenda criminale.

Fra questi spicca Dix, lo sceneggiatore interpretato da Bogart (anche produttore del film), un Bogart inedito, mai così violento e cattivo. Gloria Grahame, fascino da vendere e grandi doti di attrice, era la moglie di Ray, anche se i due si stavano separando. E spicca naturalmente il talento di Nicholas Ray, uno dei registi più ammirati dai giovani della Nouvelle Vague e poi da Wim Wenders, la sua sensibilità nella direzione degli attori, il suo talento nella descrizione dello spazio nell’inquadratura.

Colpisce che Il diritto di uccidere esca lo stesso anno di Viale del tramonto: ancora un film sul mondo del cinema, ancora uno sceneggiatore come protagonista.

L. Giribaldi

LA MORTE CORRE SUL FIUME

(The Night of the Hunter, 1955)

REGIA: Charles Laughton

SOGGETTO: dal romanzo The Night of the Hunter di Davis Grubb

SCENEGGIATURA: James Agee

FOTOGRAFIA: Stanley Cortez

MUSICHE: Walter Schumann

PRODUZIONE: United Artists

INTERPRETI: Robert Mitchum, Shelley Winters, Lillian Gish

ORIGINE: USA; DURATA: 93’

Nella provincia americana degli anni Trenta si aggira il sedicente pastore Henry Powell (Mitchum), in realtà ladro e assassino seriale che prende di mira soprattutto vedove benestanti. Powell, fanatico religioso, conosce in carcere un detenuto condannato a morte che prima dell’arresto ha nascosto una refurtiva di 10 mila dollari. Appena uscito di prigione Powell si reca dalla vedova dell’uomo (Winters), con l’obiettivo di derubarla.

Charles Laughton (1899-1962), grande attore inglese (De Mille, Hitchcock, von Sternberg, Wilder, Renoir, Kubrick, Preminger fra i registi che l’hanno diretto) con La morte corre sul fiume realizza la prima e unica regia della sua carriera. La morte corre sul fiume è una fiaba nera, un noir cupo ed espressionista, ambientato negli anni della Grande Depressione, con un serial killer fra i più inquietanti della storia del cinema.

Laughton sembra riassumere l’estetica dell’espressionismo (magistrali le ombre create dal direttore della fotografia Cortez) e del noir, in un film nel quale è evidente anche la critica ad una società americana succube del puritanesimo fanatico e dell’ossessione per la ricchezza.

Eccezionale il cast, con un Mitchum veramente sinistro (sulle dita delle mani ha tatuato le parole LOVE e HATE, una a destra e una a sinistra), l’eccentrica star Shelley Winters e la carismatica, griffithiana, Lillian Gish. Ma protagonisti sono anche i bambini, immersi in un mondo minaccioso che sembra uscire da una fiaba rivisitata dei fratelli Grimm.

Il film, troppo bello, troppo “sperimentale”, troppo avanti con i tempi, fu un insuccesso e precluse a Laughton altre possibilità di regia.

L. Giribaldi

RAPINA A MANO ARMATA

(The Killing, 1956)

REGIA: Stanley Kubrick

SOGGETTO: dal romanzo Clean Break di Lionel White

SCENEGGIATURA: Stanley Kubrick, Jim Thompson

FOTOGRAFIA: Lucien Ballard

MUSICHE: Gerald Fried

PRODUZIONE: Harris-Kubrick Pictures

INTERPRETI: Sterling Hayden, Coleen Gray, Jay C.Flippen, Elisha Cook Jr., Marie Windsor

ORIGINE: USA; DURATA: 86’

Johnny Clay (Hayden) sta organizzando una complicata rapina all’ippodromo, mai tentata prima, che può fruttare fino a due milioni di dollari. La banda è composta da cinque persone, fra cui alcuni impiegati dell’impianto e un poliziotto. Ma il cassiere dell’ippodromo (Cook Jr.) si confida segretamente con la moglie (Windsor), la quale a sua volta parla del colpo con l’amante.

Fra i registi emergenti negli anni Cinquanta troviamo il giovane Stanley Kubrick (1928-1999), il quale fra i suoi primi film annovera due noir: Il bacio dell’assassino (1955) e Rapina a mano armata (1956). Ma Kubrick, perfezionista assoluto, considera Rapina a mano armata il suo vero primo film, trattando i precedenti alla stregua di esercitazioni.

Regista americano anomalo che solo una volta girò ad Hollywood, Kubrick fin dall’inizio aveva fatto dell’indipendenza un principio inderogabile: “Conobbi Jim Harris, che era interessato a investire nell’ambiente cinematografico, e insieme fondammo una società di produzione. Il primo soggetto che comprammo fu Rapina a mano armata.”

Essere indipendente per avere il controllo totale del film, questo era l’obiettivo di Kubrick. E Rapina a mano armata non è un noir come gli altri, si staglia nettamente dalla media: geniale l’uso del tempo cinematografico, per cui ogni bandito racconta sincronicamente la vicenda, aggiungendo particolari che solo lo spettatore alla fine potrà ricostruire nella sua interezza; geniale l’uso del grandangolo e dei piani sequenza. Come notò Welles, con Rapina a mano armata nasce un grande autore.

L. Giribaldi

L’INFERNALE QUINLAN

(Touch of Evil, 1958)

REGIA: Orson Welles

SOGGETTO: dal romanzo Contro tutti di With Masterson

SCENEGGIATURA: Orson Welles

FOTOGRAFIA: Russell Metty

MUSICA: Henry Mancini

PRODUZIONE: Universal

INTERPRETI: Charlton Heston, Orson Welles, Janet Leigh, Joseph Calleia, Akim Tamiroff, Marlene Dietrich

ORIGINE: USA; DURATA: 111’

L’ispettore messicano Mike Vargas (Heston), appena sposato, varca il confine tra Messico e Stati Uniti insieme alla moglie (Leigh). Proprio in quel momento esplode l’auto di un ricco imprenditore americano, il quale a sua volta ha appena passato il confine. Per competenza territoriale sul posto interviene il capitano americano Quinlan (Welles) che per svolgere l’indagine dovrà stringere una collaborazione (conflittuale) con Vargas.

Dopo circa dieci anni di esilio europeo, Welles torna ad Hollywood, richiamato da Charlton Heston, per dirigere e interpretare L’infernale Quinlan, uno dei noir più celebri della storia del cinema.

L’inizio del film sono quattro minuti di memorabile bellezza realizzati con la cinepresa che si muove seguendo le mani di un uomo che installano la bomba sull’auto, poi l’auto che attraversa la città e poi Vargas e la moglie che arrivano a piedi al confine: un unico piano-sequenza, citatissimo, in seguito, da registi, storici del cinema, cinefili.

Girato prevalentemente con il grandangolo e utilizzando quando possibile il piano-sequenza, il film ha un cast straordinario, dove giganteggia lo stesso Welles. Welles si era illuso di tornare ad Hollywood, di specializzarsi in particolare nei polizieschi, ma ancora una volta il film gli fu tolto di mano alla fine delle riprese e senza spiegazioni, fu tagliato e rimontato.

L’infernale Quinlan era “troppo nero e cupo e strano per loro”, il confine tra bene e male troppo incerto: ancora una volta il cinema di Welles era in anticipo sui tempi, troppo avanti per Hollywood.

L. Giribaldi